lunedì 18 agosto 2014

Sono passati 6 mesi e quell’amianto è ancora là

 
SOLOFRA – Il 6 marzo scorso i soci del locale circolo di Legambiente di Solofra, riprendendo diverse segnalazioni giunte nei mesi precedenti dai residenti del posto, denunciavano la presenza di lastre di eternit avvolte in teloni di plastica ormai divelti in una traversa di via Casapapa, a poche centinaia di metri dall’asilo.

Ebbene, sono passati 6 mesi e quell’amianto è ancora là. La consigliera delegata all’ambiente ci disse (il 6 marzo, ndr) che il Comune era già intervenuto per mettere in sicurezza le lastre di eternit abbandonate, indicendo la gara per lo smaltimento. Sono passati quasi sei mesi ma nulla è cambiato e quei rifiuti pericolosi stazionano ancora liberi in quel posto, alla mercè dei passanti, senza contare che tra qualche settimana riprenderanno le lezioni della vicina scuola materna.

Quelle buste contenenti l'amianto, a detta dei residenti del posto, giacevano in quell'area dall'estate precedente, ovvero da quando si decise di interdire al traffico veicolare quella strada trasformandola di fatto in una discarica a cielo aperto nel pieno centro di Solofra.

Quell’amianto dismesso da chissà quale ignoto e abbandonato in maniera becera a ridosso di quella strada transitata quotidianamente da centinaia di persone, residenti e non, è ancora lì. La domanda nasce spontanea: quando, finalmente, qualcuno andrà a rimuoverlo?

Tempi del genere sono inaccettabili. Di chi la colpa? Della burocrazia? Certo, ma anche della scarsa efficienza degli Enti locali, poco veloci dinnanzi a disastri ecologici del genere. Nel frattempo, tempi della burocrazia permettendo, i poveri residenti, loro malgrado, dovranno tenersi lo scempio sotto casa. Aspettando che qualcuno, comodamente seduto sulla sua comoda poltroncina statale, dia finalmente il suo ‘via libera’ alla rimozione.

giovedì 7 agosto 2014

La "puzza" dei soldi, della fatica, del lavoro e della salute


E’ a puzz re’ sord!”. Diciamoci la verità: chi, tra noi solofrani, non ha mai replicato in questo modo agli amici dei paesi vicini che si lamentavano degli effluvi maleodoranti quando si passava sul raccordo all’altezza del depuratore? Rispondevamo così, tutti-indistintamente, anche magari chi tra noi la cui famiglia non aveva mai avuto a che fare col mondo della concia.
Io amavo aggiungere qualche postilla, se così possiamo definirla, all’ormai classico “… è a puzz re’ sord!”.

Per me quell’olezzo, a volte nauseabondo, che ti entrava in maniera violenta nel naso non era semplicemente il risultato dell’attività lavorativa del Distretto della Concia solofrana, di una economia in movimento, di un territorio del Sud che ‘produceva’. Era la ‘puzza’ di mio padre che si svegliava quando era ancora buio per andare a lavoro, era la ‘puzza’ dei miei nonni che con enormi sacrifici si recavano in quei posti a volte bui e infernali, aprivano bottega e così portavano ogni giorno il pane a casa, mai facendo mancare nulla ai propri cari.
Era fatica, sacrificio, stress. Ma era lavoro prima di ogni cosa e il lavoro, si sa, nobilita l’uomo, gli permette di esprimersi, di mettersi in relazione con gli altri, di contribuire al funzionamento e al miglioramento di ogni cosa che lo circonda.

Detto questo, abbiamo forse tenuto in secondo piano, tutti-indistintamente e per troppo tempo, le problematiche connesse all’impatto sull’ecosistema urbano delle attività delle grandi industrie insediate nel nostro territorio, mentre – parallelamente – andavano aumentando nel contesto cittadino eventi che avrebbero meritato la massima attenzione per suscitare approfondite riflessioni negli strati più ampi della popolazione.

E’ così che oggi emerge in maniera del tutto chiara che a causa della forte antropizzazione che ha subito il territorio dal post terremoto ad oggi, la falda acquifera sottostante l’area tra Solofra e il montorese risulta inquinata.

Le recenti dichiarazioni rilasciate dall’ing. Oreste Montano, esperto infrastrutture e consulente tecnico per Aato Calore Irpino, e depositate in sede di conferenza di servizi tenutasi il giorno 30 luglio 2014 alla Casa della Cultura V. Hugo di Avellino sull’inquinamento della falda idrica profonda nel Comune di Montoro e nel Comune di Solofra, parlano chiaro: occorre agire in fretta per contrastare l’espandersi dell’inquinante a valle della falda ma, soprattutto, occorre “… valutare la necessità di interessare le istituzioni competenti su rischio che la popolazione abbia già potuto subire danni dall’inquinamento dell’acqua potabile, come visto datato negli anni (prima del 2007, ndr), e pertanto sollecitare le stesse istituzioni di dare corso ad una indagine epidemiologica sulla popolazione per l’alta incidenza di malattie gravi connesse all’inquinamento”.

Nulla di nuovo, la questione era nota ai più. Ovviamente non stiamo parlando di un nuovo caso ‘Ilva’ né di una nuova ‘Isochimica’ (anche perché non disponiamo di dati a sufficienza per poter rilevare l’entità e la gravità di tale inquinamento). Ma nel caso-caos di Solofra non v’è contraddizione più stridente fra la legittima domanda di lavoro/occupazione di chi ha interesse alla prosperità delle fabbriche, di chi chiede maggiore attenzione per l’impatto sull’ecosistema e di chi già da tempo sottolinea giustamente come le questioni dell’impatto ambientale delle concerie sta già trovando soluzione grazie agli investimenti sinora realizzati dagli imprenditori (sempre totalmente autofinanziati).

Allora è auspicabile in questo senso - raccogliendo le legittime sollecitazioni della popolazione e dell’ambientalismo locale ad un drastico contenimento dell’impatto sull’ecosistema delle fabbriche - proseguire sulla strada degli interventi tecnologici volti a migliorare sistematicamente l’ecosostenibilità del Distretto conciario o, come per l’emergenza acqua di cui sopra, spingere per un piano di messa in sicurezza di emergenza. Ma è altresì auspicabile, evitando veri e propri salti nel buio, che l’amministrazione comunale e gli Enti a tutti i livelli si assumano le proprie responsabilità per portare a compimento un piano di caratterizzazione e bonifica che sia risolutivo dell’intera emergenza, così come previsto dal Testo Unico sull'Ambiente. E’ in gioco il futuro del Distretto. Di più, è in gioco la salute dei nostri figli.

@antopirolo

martedì 5 agosto 2014

Il vero senso della rotatoria


Non ero neanche nato nel 1978 quando Jorge dos Santos Filho, meglio conosciuto come Juary, in occasione del derby San Paolo-Santos, dopo aver segnato la prima rete si lanciò in direzione della bandierina del corner facendoci tre giri intorno con un braccio alzato al cielo. Quel giorno girò tre bandierine su quattro entrando nel cuore della gente e nella storia del calcio internazionale. In Italia, ad Avellino (e poi anche all'Inter), arrivò nei primi anni 80’ e fu subito amore. La 'danza della bandierina' di Juary era un atto d'amore nei confronti del calcio: fare 'gol', correre a perdifiato fino ai limiti del campo ed esultare 'driblando' anche la bandierina era la dimostrazione dell'affetto da parte dell'uomo verso il pubblico che lo acclamava. Era un atto d'amore prima di tutto.

Paralleli (irriguardosi) e metafore ci riportano ai giorni nostri con l'istituzione dei nuovi sensi di marcia a Solofra e con l'installazione della rotatoria lungo la Provinciale che collega la nostra città e Montoro a Serino e quindi al capoluogo irpino. Un opera d'arte degna del miglior Maurizio Cattelan, irriverente quanto basta, tanto da scatenare una ridda di voci e critiche da più parti della popolazione. Ma va dato atto a questa amministrazione il fatto di aver riacceso tra i solofrani lo spirito critico che è il sale della democrazia.
Democrazia, appunto. Perché il refrain corrente dal 2012 ad oggi è sempre lo stesso: "Perché tutte queste critiche non si muovevano mai all'amministrazione precedente?".
Sappiano lorsignori, che le discussioni e le critiche (la cui accezione non deve essere per forza negativa) rappresentano la cifra del vero dibattito democratico e per tali non possono essere sottaciute né denigrate. L'amministrazione del fare, l'amministrazione che avrebbe dovuto trasformare Palazzo Orsini in una casa di vetro questo lo dovrebbe sapere e farne tesoro.

Per me il vero senso della 'rotatoria' risiede proprio in questa riflessione. Il confronto con la gente è tutto, le maniere e i modi con cui questo confronto dovrebbe esplicarsi rappresentano il 'quid' in più che fa dell'amministratore-politico un amministratore-uomo (saggio possibilmente). Il consenso e i numeri del consenso decretano il vincitore della tenzone elettorale, tuttavia ne condizionano anche il suo percorso amministrativo. Non si può non tenere conto di tutto ciò. Anche perché, in un futuro non tanto lontano, potrebbero essere altri a gioire con un largo sorriso sulle labbra ed una grande emozione nel cuore. E di quella rotatoria resterà soltanto uno sbiadito ricordo. Come per la bandiera arancione sotto la curva del Cicero Pompeu de Toledo intorno alla quale il mitico Juary compiva la sua danza. (@antopirolo)