mercoledì 12 settembre 2012

Riordino Province e debito pubblico, riflessioni


In relazione al Decreto Legge n. 95 del 6 Luglio 2012 e all’importante dibattito che ne è scaturito, è necessario fare alcune puntualizzazioni.
Il problema non è tanto cancellare o riordinare le Province secondo criteri geografici/amministrativi, quanto tagliare sostanzialmente la spesa pubblica che nel suo complesso incide in modo pesantissimo sullo sviluppo del Paese, ancora ben lontano dall'esser proiettato verso la modernità.

Nell'abusata era dei computer e del web, infatti, non occorre più fare ricorso a una burocrazia di tipo ottocentesco che ancora invade gli uffici locali. L'Italia intera è caratterizzata da storie locali ultrasecolari ma, al di là delle lotte di campanile, le Province avrebbero ragione di esistere nella misura in cui si cominciasse a rimodulare la spesa, in modo tale da avere risparmi consistenti e concreti sulla quota di Pil.

L'atavico problema del Bel Paese è questo: se non riduciamo la spesa pubblica in modo drastico, l'Italia (e la sua economia reale) è destinata a andare a tappeto. Quindi, se per far questo dobbiamo ridurre e cancellare le Province per vedere nascere dopo Unioni di Comuni e nuovi Enti sovracomunali, il discorso non può reggere; se invece mettiamo mano ai conti delle Amministrazioni Pubbliche e ne riduciamo il peso che esse hanno nella busta paga dei lavoratori italiani, allora si può discutere, purchè lo si faccia subito.

Ogni mese che passa il nostro debito pubblico si incrementa sempre di più. E gli strozzini della finanza internazionale si arricchiscono con gli interessi che siamo costretti a pagare, fregandosi le mani nel vedere come siamo sciocchi nel consentir loro di percepire vagonate di interessi, fondi che invece potremmo utilizzare per lo sviluppo della economia reale.

Nessun commento:

Posta un commento