giovedì 7 giugno 2012

Sostenibilità e concia - Dall'impatto ambientale all'integrazione, i 'segreti' dello sviluppo sostenibile. L'esempio del Gruppo Dani di Arzignano

Milano -- Ridurre l'impatto ambientale, integrazione dei dipendenti e condivisione dei valori su tutta la catena di fornitura. E' cosa vuol dire sviluppo sostenibile per il Gruppo Dani che in occasione di 'Dal dire al fare', il salone della responsabilità sociale d'impresa in corso all'università Bocconi di Milano, ha presentato la propria attività di 'contagio' che parte dai fornitori, passa per i clienti ed arriva al consumatore finale. 
Sul fronte ambientale Dani ha eliminato i metalli pesanti e solfuri nella lavorazione delle pelli e ridotto l’impatto ambientale lungo tutta la catena a partire dall’agricoltura fino allo smaltimento del prodotto. Negli ultimi 3-4 anni, spiega all'Adnkronos, Guido Zilli , responsabile qualità Gruppo Dani, "abbiamo investito ulteriormente sul fronte ambientale da due prospettive: ricerca, e certificazioni, in modo da poter comunicare ai nostri clienti e ai consumatori finali il nostro impegno". 
Un impegno che ha portato nel 2011, all’acquisizione della prima Carbon Footprint, ossia l'impronta di carbonio, di settore nel mondo. "E' vero che il settore conciario ha un impatto ambientale ma è anche vero che, nel rapporto 2009 di Arzignano sugli ecodistretti, è giunto quinto su 54 distretti per quanto riguarda la compatibilità ambientale. C'è dunque un dato storico che in qualche modo contraddice quella che è un'opinione diffusa" ossia che sia uno dei settori più impattanti. Quanto alla Carbon footprint, aggiunge Zilli, "ci ha consentito di determinare un impatto complessivo che per circa l'80% è legato ai settori a monte, per circa il 5% ai trasporti e 15% alla conceria". 
Nel 2011, inoltre, "accanto ai risultati ambientali abbiamo avuto anche la validazione del nostro sistema di gestione della sicurezza del lavoro secondo le linee guida Uni Inail che dimostra un'attenzione verso le persone che lavorano in azienda e la volontà di garantire le migliori condizioni possibili". In azienda, sottolinea Zilli, "lavorano 500 persone delle quali circa il 55% è di origine extracomunitaria. Provenendo da più parti del mondo abbiamo pensato che potesse essere un'iniziativa interessante impostare un progetto affinché le storie di queste persone potessero essere conosciute. L'intento - conclude - è di accrescere il senso appartenenza e valorizzare le differenze".

Nessun commento:

Posta un commento